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I contratti per i piccoli lavoratori

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Don Bosco difende fino al limite del possibile i ragazzi lavoratori. Esige dai padroni regolari contratti di lavoro su carta bollata. In essi riprende le vecchie norme abolite nel 1844. In nome dei «liberi contratti fra gente libera» (come dicono i liberali) esige che quelle norme vengano osservate, adattate, perfezionate secondo le nuove condizioni di lavoro. In quei contratti (conservati negli archivi salesiani) è scritto che i piccoli lavoratori non devono essere usati come servitori e sguatteri, che deve venir loro insegnato sul serio il lavoro. È vietato che vengano picchiati, si chiedono garanzie per la loro salute, il riposo festivo, le ferie annuali, il tempo necessario per imparare a leggere e a scrivere. Nei primi tre anni i piccoli lavoratori non vengono pagati con la scusa che «imparano soltanto». A volte sono i parenti a pagare il padrone perché li tenga! Don Bosco reagisce a questa forma di sfruttamento: nel secondo e nel terzo anno i giovani lavorano veramente e procurano veri guadagni al padrone. Per il secondo e terzo anno esige quindi uno stipendio progressivo. Il primo contratto firmato da don Bosco con il vetraio Carlo Aimino, a favore del giovane Giuseppe Bordone, porta la data del novembre 1851.

Don Damiano Galbusera

Direttore dell’Opera Salesiana di Brescia

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